Il Placebo

Sabato 03 Marzo 2012 20:49 Ultime
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Divino | Energia vitale | omeopatia

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Secondo il modello olografico la mente/corpo non è fondamentalmente in grado di distinguere la differenza fra gli ologrammi neurali che il cervello usa per sperimentare la realtà....

I diversi settori della scienza moderna hanno dunque rivelato che la realtà non è oggettiva
ma soggettiva: ne esistono infinite manifestazioni ed ogni individuo è in grado di percepirne solo
una per volta, quella che sceglie – o meglio costruisce – inconsapevolmente sulla base dei suoi
pregiudizi di fondo

 Luca Bertolotti


L’incapacità della mente/corpo di distinguere fra una realtà immaginata e una reale.

Secondo il modello olografico la mente/corpo non è fondamentalmente in grado di distinguere la differenza fra gli ologrammi neurali che il cervello usa per sperimentare la realtà e quelli che evoca quando immagina la realtà. Entrambi hanno uno straordinario effetto sull’organismo umano, talmente potente da modulare il sistema immunitario, modificare gli effetti delle droghe, guarire malattie e così via.

  1. Quindi il primo messaggio è che ciascun individuo possiede la capacità di influenzare la propria salute.
  2. Il secondo messaggio è che gli elementi che sono impegnati a formare questi  ologrammi neurali sono molti e sottili: essi includono le immagini sulle quali meditiamo, le speranze, le paure, le aspettative di chi ci circonda, la convinzioni o le credenze culturali, la fede, le convinzioni consce e inconsce. 

In questo senso si pone la necessità di affrontare il significato dell’effetto placebo.

L’effetto placebo conosciuto da secoli ma di difficile interpretazione, è in genere sottostimato dalla medicina ufficiale, che lo ha in pratica relegato nell'ambito secondario della medicina psicosomatica e magica.


Tuttavia recenti studi hanno dimostrato che l'attesa, l'aspettativa dell'evento benefico (dunque una semplice attività mentale o affettiva del paziente, anche del medico) mette in moto una serie di reazioni neurochimiche ed endocrine che portano alla liberazione di mediatori. Questi sono in grado di influenzare profondamente, spesso in senso terapeutico, importanti attività fisiologiche come la percezione del dolore, il controllo dell'attività respiratoria, la personalità, la risposta immunitaria(Benedetti, 1999).

 

Anche se la scienza medica ortodossa non è mai riuscita a spiegare in modo soddisfacente l’effetto placebo, tutte le osservazioni sperimentali confermano che l’efficacia dei farmaci è legata più alle aspettative che producono che non ai reali principi attivi che contengono, al limite questa azione si trasforma nella attivazione di neurotrasmettitori e la secrezione di relativi neuro peptidi.

 

I neuropeptidi devono essere considerati delle  molecole psichiche, in quanto non trasmettono solo informazioni ormonali e metaboliche ma emozioni e segnali psicofisici: ogni stato emotivo (amore, paura, piacere, dolore, ansia, ira, ecc.), con le sue complesse sfumature, è veicolato nel corpo da queste specifiche molecole. Ogni stato d’animo è quindi fedelmente riflesso da uno stato fisiologico del sistema immunitario.

 

L’intero corpo pensa, sente, prova emozioni, come le emozioni, ed i pensieri formano concretamente un corpo. Esiste quindi un collegamento che permette il passaggio fra le rappresentazioni mentali, il campo delle forze ed energie e il corpo fisico. Creando i propri  modelli mentali (fedi, idee, opinioni, certezze ecc.) si può decidere la propria vita. Ogni individuo crea la sua propria realtà, poiché è proprio la sua convinzione e realtà interiore inconscia, che non deve corrispondere alla realtà esteriore,  a pilotarlo verso circostanze stabilite.

 

All’Università di Harvard alcuni ricercatori hanno pensato bene di appurare direttamente la questione e di trattare alcuni pazienti con un placebo, provando però ad informarli per filo e per segno di tutto ciò che sarebbe accaduto.
Lo studio in questione è intitolato placebos without Deception: A Randomized Controlled Trial in Irritable Bowel Syndrome, condotto da Ted J. Kaptchuk, Elizabeth Friedlander, John M. Kelley, M. Norma Sanchez, Efi Kokkotou, Joyce P. Singer, Magda Kowalczykowski, Franklin G. Miller, Irving Kirsch ed Anthony J. Lembo, e pubblicato su PLoS ONE, 2010; 5 (12): e15591 DOI: 10.1371/journal.pone.0015591.
In poche parole, i ricercatori si sono indirizzati verso uno dei dieci problemi più studiati al mondo a causa della sua diffusione (dal 10 al 15% della popolazione mondiale ne soffre): la sindrome del colon irritabile (o IBS: Irritable Bowel Syndrome). Tale sindrome rappresenta un disturbo funzionale gastrointestinale cronico caratterizzato da dolori addominali e disagio associato ad alterate abitudini intestinali poiché  poche metodologie si sono dimostrate funzionali e sicure nel ridurre i sintomi globali dell’IBS.

 

80 persone affette da questo disturbo – dopo aver firmato il consenso informato dell’esperimento – sono state divise in due gruppi.

  1. Il primo (composto da 37 persone) avrebbe assunto una pillola placebo due volte al giorno,
  2. mentre il secondo (le rimanenti 43) non avrebbe assunto nulla, rappresentando di fatto il gruppo di controllo.

 

A tutti i pazienti è stato permesso di continuare ad assumere le medicazioni di routine (fibre, anti-spasmodici etc.) in dosaggi stabili, chiedendo loro tuttavia di non cambiare le sostanze assunte e di non fare significativi cambiamenti nel loro stile di vita per tutta la durata dell’esperimento (Agosto 2009 – Aprile 2010). 

Entrambi i gruppi hanno partecipato ad incontri individuali con un medico o con un’infermiera centrati sull’individuo; entrambe le figure professionali hanno cercato di favorire una relazione calda e accogliente (il che mette in luce quanto ci sia bisogno di fare questo genere di esperimenti…).

Ai partecipanti del primo gruppo è stato spiegato che in rigorose prove cliniche precedenti le pillole placebo – simili a delle pillole di zucchero – avevano dimostrato di avere la capacità di produrre significativi processi di auto-guarigione.
Questo punto sembra particolarmente rilevante.

 

Lo sperimentatore infatti, non si è limitato a dire “guarda che queste pillole sono completamente inattive”, ma ha anche aggiunto delle informazioni importanti:
1) l’effetto placebo è potente,
2) il corpo può rispondere automaticamente prendendo le pillole placebo, proprio come nel caso della salivazione del cane di Pavlov quando sentiva il campanello

3) può essere d’aiuto un atteggiamento positivo, anche se non è necessario,
4) assumere con fiducia le pillole è fondamentale.

 

Risultati:

 

Nella tabella sottostante, possiamo chiaramente constatare i risultati per i due gruppi (bianco: gruppo di controllo, grigio: placebo)

  1. ottenuti nei termini di miglioramento generale (riquadro A),
  2. cambiamento della gravità dei sintomi (riquadro B),
  3. percentuale di sollievo (riquadro C),
  4. cambiamento della qualità della vita (riquadro D).


Sì, è possibile che la relazione con lo sperimentatore abbia giocato un ruolo importante nei risultati, ed in effetti questo spiegherebbe i miglioramenti riscontrati anche nel gruppo di controllo. Certamente però, l’assunzione del placebo ha avuto un impatto rilevante sulle condizioni dei partecipanti del secondo gruppo, e le percentuali parlano chiaro.

 

In conclusione l’incapacità della mente/corpo di distinguere fra una realtà immaginata e una reale, ci obbliga comunque a far conto con le nostre credenze che dovranno

  1. in primo luogo essere confessate
  2. per poi volontariamente sottoporle a una fede e/o convincimento per guidare o augurare non solo l’esito terapeutico, poichè modificando i propri schemi mentali (credenze, idee, convinzioni, ecc.) si può modificare la propria vita. Ogni individuo crea la sua realtà, poiché è proprio la sua realtà interiore, inconscia, a condurlo verso determinate situazioni.



 

Ultimo aggiornamento Giovedì 05 Maggio 2016 11:34  
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