3 lezione 30-11-11

Sabato 03 Dicembre 2011 15:49
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erboristeria | lezione | Natura

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il "GIUSQUIAMO" si definiva spesso "veleno di donne" per la sua maneggevolezza e facile reperibilità, ... somministrato a dosi elevate, determina frenesia, allucinazioni e fatale collasso, spesso non riconosciuto dai medici del tempo...

DELLA PESTE DEL PIEMONTE

 "L'aver messo la scienza su un piedistallo ha fatto sì che tutto ciò
che non è scientifico ci appaia ridicolo e spregevole"
Tiziano Terzani, la rivoluzione dentro di noi 

"Calamitas Calamitatum", così potremo anche definire la peste che nel 1630 svuotò non solo il Piemonte, ma buona parte dell'Europa.

Alla peste nera seguirono altre epidemie, tali da provocare per oltre tre secoli, una situazione di peste a livello endemico.


Gli storici dell'economia individuano una forte depressione negli anni 1620-1630, la associata ad una flessione della crescita

Atropa belladonna. Ricorda Atropo, la più temuta
delle Parche, quella che aveva il compito di tagliare il filo
della vita.

demografica; concause derivanti soprattutto dalla malnutrizione, ovvero da periodi prolungati di miseria e quindi da un generale indebolimento fisico, focolaio ideale delle epidemie, di questo parere è lo storico B. H. Slicker Van Bath: "gli effetti di una dieta insufficiente che si prolunghi per intere generazioni, diventano infatti alla lunga catastrofici...".Nel 1400-1401, la contaminazione giunse da pellegrini che percorrendo le nostre terre, dal Colle della Maddalena, si recavano a Roma in pellegrinaggio. Nuovi segnali di pericolo vi furono nuovamente nel 1482 e poi ancora nel 1499, 1523, 1564 e 1599. Perciò la devastante epidemia dell'estate del 1630 non fu per nulla una cosa inaspettata.

Sappiamo che tra il 1600 e il 1630, la nostra Provincia subì continue vicende belliche politiche e religiose, quest'ultime, le cosiddette "guerre di religione" tra cattolici e protestanti, contribuirono non poco ad aumentare l'instabilità, le contrapposizioni e le lotte che fecero scoppiare anche forti riflessi negativi sulle economie locali. A tutto questo si aggiunga ancora una serie di anni in cui i fenomeni meteorici quali, prolungate siccità alternate da violenti temporali, ridussero di molto la prevedibilità dei raccolti, provocando quasi ovunque, fame e carestia.

 

FAME CARESTIA E GUERRA

Questo stato generale di carestia, per quanto riguarda il Piemonte,  persuase il duca di Savoia, Carlo Emanuele I ad imporre un calmiere, in particolar modo per i generi alimentari principali e più consumati, tipo il pane. Un esempio ci perviene da un piccolo villaggio della Provincia: Villanovetta, che contava 450 abitanti, nel 1624 soffrì una forte carestia tanto che il consiglio Comunale decise di andare ad acquistare pane nei luoghi vicini per poi distribuirlo alla popolazione (che stava morendo di fame) a prezzi controllati.

Pertanto, in una situazione economica del genere, i primi alimenti che la popolazione "tagliava", erano logicamente quelli a più alto costo, cioè la carne, il pesce (quest'ultimo occupava un posto importante nella dieta). Mancando questi alimenti, il fisico si indeboliva, non solo, ma in queste condizioni ci si alimentava anche con quelle parti di raccolto che in tempi normali non erano considerate commestibili, perché avariate o infestate e quindi tossiche (a tal proposito, una recente interpretazione dello storico John B. Dancer, pone in relazione quella che lui definisce "epidemia stregonesca", con variazioni climatiche che nei primi anni del 1600 favorirono l'ammuffimento dei cereali in localizzate aree europee, provocando una forte produzione di veleni - micotossine - ad azione allucinogena), aumentando di molto ola suggestionabilità e la vulnerabilità alle malattie.

 

I LUOGI DEL CONTAGIO

All'opposto le epidemie hanno falcidiato meno vittime nei paesi a Nord dell'Europa, grazie alla maggior resistenza alle malattie assicurata da una dieta migliore, più ricca di proteine (allevamento e pesca). Perciò fame e carestia furono le cause principali della peste che divampò nell'estate del 1630.

Nel tardo medioevo si preparavano pozioni e unguenti che
se usati davano allucinazioni e la sensazione di volare, per
questo il giusquiamo è ritenuto ingrediente del famoso
unguento delle streghe.

I primi presagi dell'epidemia, si avvertirono già nel 1627 nel presidio francese di Susa. Nello stesso anno scoppiò la guerra per la successione del ducato di Mantova, gli imperiali invasero i Grigioni e scesero in Italia.

Il 2 gennaio 1630, si segnala il primo caso di peste in Piemonte, a Torino, la vittima è un ciabattino. A febbraio l'esercito francese valica le Alpi e scende in Susa. Il 22 marzo cade Pinerolo e il 14 di aprile si contano già i primi morti appestati; il 18 luglio l'esercito francese è sotto le mura di Saluzzo, il 23 luglio la città viene occupata. Nel frattempo, dopo tre giorni di malattia, Carlo Emanuele I di Savoia muore di polmonite (la gente disse che morì di peste). Dalla metà d'agosto, i morti appestati cominciano ad aumentare un po' dappertutto. In quasi tutti i luoghi della Provincia si chiudono tutte le porte delle città, si vieta l'entrata agli stranieri, le case considerate infette vengono murate, i conventi e monasteri vengono forniti degli alimenti necessari e poi si murano le porte. La gente è sconvolta, le città fanno voto ai santi (in particolare S. Rocco e S. Sebastiano.

I morti son così tanti che in alcuni casi vengono seppelliti anche fuori dei cimiteri. Cuneo, Mondovì, Fossano, Savigliano, Alba, Bra, Rivoli e Saluzzo, perdono più di un terzo degli abitanti.

La medicina del tempo d'innanzi alla peste sembra impotente, anzi in alcuni casi invece di aiutare peggiora gravemente la condizione. Si è convinti che la causa principale della peste provenga da influssi negativi di astri e dall'azione aerea di vapori chiamati miasmi. In molti casi le cure sono un qualcosa di veramente raccapricciante, come bere la propria urina fermentata di quattro giorni e respirare abbondantemente l'aria delle latrine. Un medico, un certo Rofredo, consiglia: "...si freghi bene la parte inferiore della pelle dei testicoli per lenirne il dolore e quindi si perfori la cute con un ago e nel foro si introduca una piccola corda fatta di peli di cavallo bianco, si formi con questa un anello e si lasci appeso..." .

 

ALCUNI RIMEDI PER LA SOPRAVVIVENZA

Altri rimedi consistevano in inalazioni e lavature con aromi ed erbe tipo: rosmarino, lauro, cedro, cipolle, aglio, salvia, maggiorana, aceto, ecc.

Come mai prostitute, streghe, eretici ed ebrei vennero
accusati di aver avvelenato i pozzi e aver diffuso il
contagio della peste nera?
 

L'epidemia, la guerra e la fame, costrinsero molte famiglie ad abbandonare i loro luoghi abituali con la speranza di trovarne altri migliori, ma molte di loro per sopravvivere furono costrette a mendicare. In particolar modo molte comunità montane, ma anche in pianura ebbero dei tristi primati di povertà, mandando per il Piemonte folle di mendicanti, solo Torino in quegli anni ne contava più di 10.000. I nuclei famigliari che riuscirono ad evitare la triste condizione della mendicità, si installarono in molti paesi disabitati in seguito alla moria per le epidemie occupando molte case ormai prive di padroni.

Furono necessari più di duecento anni perché il numero degli abitanti ritornasse quello prima della peste.

Nel medioevo la cura delle malattie si basa principalmente sull’utilizzo delle piante, dei minerali e sul riposo a letto. Venivano usati molto la menta, il papavero, l’aloe, il finocchio, l’olio, il giusquiamo, la belladonna, la canfora, l’arsenico, lo zolfo il benzoino e tante altre ancora, parleremo delle erbe in seguito e più approfonditamente. Gli unguenti erano molti e i miscugli da prendere per bocca o da applicare sul corpo erano assai vari e numerosi. Ad esempio per curare i polmoni si mangiavano ceci cotti nel latte di capra con burro e zucchero mentre per curare i tumori ghiandolari si facevano impacchi di fichi o di piante come la piantaggine, la verbena e la malva. Di fronte alle malattie gravi in realtà però non vi erano rimedi definitivi: questo portò fino alla esplosione della lebbra, colera peste e al decadimento delle forme comunitarie espresse con la follia.

La lebbra giunse dall’Asia dal XII secolo e si diffuse rapidamente con ripetute crisi mortali epidemiche in Italia e in Europa. La lebbra portava il malato a gravi devastazioni fisiche che causavano un puzzo insopportabile ed è anche per queste ragioni che i malati venivano allontanati dalla comunità e confinati nei lazzaretti dai quali potevano allontanarsi solo portando addosso una campanella che informava del loro passaggio. Per i malati mentali nel medioevo vi era un atteggiamento molto diverso a quello a cui siamo educati; la gente provava vari sentimenti, ora di simpatia e quasi identificazione essendo non insolite le sostanze e/o alimenti che portavano ad una condivisione  che si sublimava nelle figure del buffone, nel folle, matto di corte e nell’idiota del villaggio, considerato una salvaguardia per la comunità. Ma anche gli atteggiamenti di compassione, di pietà e timore per i pazzi indiavolati, che sicuramente derivavano da tossine alimentari, sottonutrizione.

 

LE EPIDEMIE COME MUTAMENTO DELLA SOCIETA’

La presunta devianza di questi stati mentali erano anche espressioni di marginalità o di opposizione sociale la cui risposta erano le persecuzioni o stati di esaurimento che degeneravano in malattie  per le quali venivano concentrati in zone di 

Secondo la tradizione, il sabba è l'incontro tra le streghe e Satana 
che i svolge principalmente  durante la notte tra sabato e domenica.
Di solito  non serviva altro che uno spazio aperto, lontano da 
occhi indiscreti.

quarantena o di isolamento. Spesso si confondevano i malati di mente con gli eretici, gli indemoniati (persone in preda ad ossesioni), soprattutto nel caso degli epilettici e si cercava di curare i malcapitati con eccentriche adunanze di esorcismo nella speranza di liberarli dai demoni, con i quali rappresentavano le loro ossessioni mentali, ma anche i raduni di protesta e di dissenso che li contrapponevano ai loro persecutori.

 

I RIMEDI A BASE DI ACETO furono i più utilizzati durante le varie epidemie di peste; questo toccasana sarebbe stato composto secondo muna antica ricetta da: cera nuova once tre, olio d’oliva once due; olio di Hellera (edera), olio di sasso, foglie di aneto, bacche di lauro pestate, salvia, rosmarino, once mezza per ciascuno; un poco d’aceto, il tutto doveva esser bollito così da ridurlo a una pasta con la quale si sarebbero dovute ungere le narici, le tempie, i polsi e le piante dei piedi, dopo aver mangiato cipolle, aglio e bevuto aceto.

 

Nonostante tutti questi espedienti e le probabili speranze loro associate la PESTE era comunque incontenibile, generalmente in 2 - 5 giorni sopraggiungeva in quanti erano stati contagiati, o dalle PULCI del RATTO o da individui malati per via di parassiti, sviluppando una febbre altissima, quasi concomitante alla comparsa di linfonodi.

 

Per la visione di allora, non conoscendo la concezione di trasmissione epidemica, si concretava tutto nella figura dell’untore, una vera fissazione terrorizzante per quegli anni.

 

La violenta reazione infiammatoria, susseguente al processo di scioglimento dei linfonodi, generava la formazione di un "bubbone", frequentemente localizzato in sede inguinale e capace di raggiungere anche la dimensione di un'arancia.
Gli appestati se per cause immaginabili e  naturali non sopravvivevano al morbo, conseguendo poi una buona immunità, erano destinati alla morte, che giungeva dopo un periodo di gran sete e disidratazione, spesso congiunte ad uno stato allucinatorio, stuporale o confusionale.
Le processioni, ripiego collettivo per la ricostruzione di una speranza di sopravvivenza, furono un rituale religioso per nulla opportuno in quanto queste come le altre concentrazione di moltitudini favoriva il contagio.
Ma in effetti a nessuno, o apochi era noto contro cosa si lottasse, se si trattava davvero di alterazioni che originavano malattie o non piuttosto di qualche mutamento delle opinioni e concezioni simboliche collettive premonizione di una APOCALISSE per le trasgressioni degli uomini od ancora dello scatenamento di forze diaboliche evocate da servi malvagi di Satana.
Convinzioni più popolari di quanto si creda e che aprirono la strada, ancora poco esaminata ma sicuramente inondata di sangue, della CACCIA A STREGHE E AGLI UNTORI: l’erboristeria come studio delle piante rivela così la sostanza dei fatti e la dimensione di una nostra precedente tragedia umana.

DI SEGUITO LE DIAPOSITIVE DELLA TERZA LEZIONE

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Ultimo aggiornamento Domenica 04 Dicembre 2011 22:17  
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